Facebook e YouTube: stop alle fake news e alla disinformazione sui vaccini
Per anni governi e associazioni hanno accusato i colossi social come Facebook e YouTube di essere troppo molli nei confronti di chi diffonde bufale e false notizie sul web tramite i loro servizi, ma ora le due società hanno deciso di passare al contrattacco. Facebook ha infatti annunciato che a breve inizierà ad abbassare il ranking di pagine e gruppi che contribuiscono a diffondere notizie false o comunque scientificamente errate sui vaccini, mentre YouTube introdurrà un nuovo pannello informativo sulla verifica dei fatti nelle potenziali fake news.
Andando più nel dettaglio, Facebook ha spiegato che le pagine che risponderanno a determinati criteri, che però non sono stati esplicitati, non appariranno nemmeno nei suggerimenti quando si digita qualcosa nel campo di ricerca, né saranno inserite nella seziona esplora e nella pagina degli hashtag su Instagram.
Per quanto riguarda YouTube invece i box saranno visualizzati nella parte superiore dei risultati di ricerca e offriranno fact checking degli argomenti trattati attraverso partner certificati. La funzionalità sarà introdotta al momento in india, ma l’azienda ha già confermato che in futuro sarà estesa anche ad altre regioni.
Ovviamente, come ha spiegato la stessa azienda, YouTube non effettuerà verifiche per ogni singolo video, attività che richiederebbe uno sforzo gigantesco e un numero incalcolabile di ore di lavoro per essere realizzato. I box per il fact checking invece appariranno nei risultati di ricerca per primi, come una sorta di introduzione in testa a qualsiasi elenco di video che diffonda disinformazione su uno stesso argomento.
Sulla carta sembrano iniziative interessanti, che speriamo si concretizzino (non ho memoria di aver mai riscontrato nella mia esperienza d’uso personale dei social le precedenti contromisure annunciate negli anni, voi?), ma resta il fatto che è palesemente una lotta impari, che ricorda molto i tentativi di voler svuotare il mare con un cucchiaino.
Non è colpa dei social ovviamente, ma i governi, anziché limitarsi a chiedere conto alle aziende del proliferare di fake news e posizioni scientificamente discutibili, dovrebbero impegnarsi nello sviluppo di programmi scolastici ed educativi più efficaci, perché fornire sin dall’inizio della scolarizzazione i futuri cittadini di strumenti critici sarebbe l’unica vera soluzione.