Facebook dice basta ai gruppi di suprematisti bianchi -Nessuno spazio a chi diffonde odio-
In un post sul blog ufficiale, Facebook ha comunicato la propria intenzione di bandire dal proprio social network e da Instagram tutti i gruppi dedicati al suprematismo bianco, a partire dalla prossima settimana. “Oggi stiamo annunciando un divieto nei confronti di qualsiasi apologia, supporto e rappresentazione del nazionalismo e separatismo bianco su Facebook e Instagram, a partire dalla prossima settimana”, si legge nel post. “È chiaro che questi concetti sono profondamente radicati in gruppi d’odio organizzati che non possono avere spazio sui nostri servizi”.
La decisione è arrivata dopo settimane di pressioni da parte dei gruppi per i diritti civili o, come raccontato in chiave positiva da Facebook, “dopo aver avuto un confronto con accademici ed esponenti dei movimenti per i diritti civili” che sarebbero riusciti a convincere l’azienda ad espandere le proprie policy in materia.
Il dubbio però che se non si fossero verificati i recenti fatti di Christchurch, in Nuova Zelanda, i gruppi d’odio sarebbero restati al loro posto è però legittimo. In passato infatti le politiche di Facebook vietavano già il suprematismo bianco, ma consentivano gruppi su nazionalismo e separatismo. “Andando avanti, le persone potranno ancora esprimere liberamente l’orgoglio verso la propria eredità etnica, non tollereremo più l’apologia o il supporto al nazionalismo o al separatismo bianco”.
Come parte dei provvedimenti decisi da Facebook, chi effettuerà ricerche con chiavi riguardanti nazionalismo e suprematismo riceverà come risultato un link a “Life After Hate”, un’associazione non-profit che aiuta le persone a lasciare i gruppi d’odio.
“La decisione di Facebook dovrebbe spingere anche Twitter, YouTube e Amazon a prendere urgentemente misure a contrasto delle dilaganti ideologie sul nazionalismo bianco, che trovano posto su piattaforme per diffondere le idee violente e la retorica che ha ispirato I tragici attacchi di Charlottesville, Pittsburgh e ora Christchurch”, ha commentato Rashad Robinson, presidente di Color of Change. Ieri però un portavoce di Twitter ha rifiutato di dire se la società stia considerando o meno l’opportunità di adottare misure simili. Allo stesso modo anche Amazon e YouTube hanno preferito non rilasciare alcun comment. “pecunia non olet” dicevano gli antichi romani.
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